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Graffiti: non solo moda giovanile...

Il fenomeno dei murales, o meglio dei graffiti, in Italia passa quasi inosservato, considerato come il frutto di una moda giovanile, poco rispettosa per le cose altrui, diseducativa, più o meno tollerata. E’ tuttavia un fenomeno che può rivelarsi pericoloso, economicamente gravoso per chi lo subisce e pertanto da monitorare con attenzione.

Infatti, i graffiti non devono essere sempre considerati come un semplice modo d’espressione creativa, un “way of living”, poiché spesso si inseriscono in fenomeni delinquenziali e socialmente devianti, che sviluppano criminalità e, quindi, insicurezza.

Quanto detto in questa breve premessa è suffragato dagli investigatori e dai legislatori d’oltreoceano.

La Polizia di New York City ha elaborato un interessante documento su questo fenomeno di allarme sociale, che nella “Grande Mela” è considerato a tutti gli effetti come un reato specifico, notevolmente contrastato da una specifica equipe della polizia, la cosiddetta “Citywide Vandals Task Force”, inserita nella sezione “prevenzione crimine”.

Secondo gli investigatori newyorkesi, il termine graffiti, comunemente riferibile ad un tipico linguaggio di strada, consiste nell’incisione, disegno, copertura o diversamente nella collocazione di un marchio su una proprietà pubblica o privata, con l’intento di danneggiare tale proprietà.

I graffiti possono essere o disegnati o applicati con un evidenziatore, un pastello, una matita, una penna o altri strumenti di uso prettamente casalingo, o ancora, e più comunemente con bombolette spray colorate.

Molti graffitari, o “writers” (“graffiti vandal” è il termine inglese utilizzato) incidono il loro logo sulla plastica, sul vetro, sul metallo o sulle superfici di legno con una punta per trapano, un oggetto di metallo, la carta vetrata o una pietra.

I graffiti vengono suddivisi dagli esperti in cinque categorie, ossia:

1. Graffiti che fomentano odio: si tratta della creazione di slogan offensivi, o di simboli contro la razza, il colore, la religione, l’etnia, la cultura o le preferenze sessuali di una persona.

2. Graffiti delle gang: le gang usano i graffiti per segnare il territorio, mandare avvertimenti ai rivali o per raggiungere un profitto economico. Possono includere lettere, simboli, o numeri conosciuti dalle gang e spesso dalle forze dell’ordine stesse.

3. Graffiti satanici: appaiono in ogni parte della città di New York illustrando simboli occulti e satanici. Pentacoli, croci, parole sataniche e figure di scheletri rappresentano qualche esempio di questa categoria di graffiti.

4. Graffiti da strada: consistono in “contrassegni”, “throw-ups” e “disegni”.

Una “tag”, traducibile con il termine italiano contrassegno è la firma da strada di un graffitaro, applicata velocemente e in modo ripetitivo su un muro, come segno del proprio passaggio. La tag è lo pseudonimo di ogni graffitista, il suo alter-ego e viene scelta dal writer stesso, partendo da giochi di parole sulla propria identità, o semplicemente scegliendo la parola che più lo aggrada. 

Un “throw-up” è una versione più elaborata della semplice “tag”. I cosiddetti “pieces”, invece, ossia i disegni, vengono dipinti sui muri e sono vere e proprie elaborate opere d’arte.

5. Graffiti generici: includono disegni casuali, dichiarazioni d’amore, risultati scolastici come il raggiungimento di diplomi o lauree e altri messaggi non minacciosi.

Il dipartimento di Polizia di New York ha creato, nel corso degli anni, un archivio centralizzato di graffiti, allo scopo di identificare ogni “graffitaro” e il suo particolare logo o contrassegno.

Il fenomeno vandalico dei graffiti, a New York City, è a tutti gli effetti un crimine punibile con un periodo di carcere, una pena pecuniaria e/o con lavori socialmente utili. Ogni persona colta a deturpare una proprietà senza l’espresso permesso del proprietario è passibile di arresto.

Un tempo considerato anche oltreoceano un piccolo problema, causato da una manciata di giovani, i graffiti hanno assunto la proporzione di un’epidemia a livello nazionale, dal costo di milioni di dollari ogni anno.

Le statistiche rivelano che i graffiti non sono commessi solamente da giovani, considerato che anche gli adulti si macchiano con tali attività. I graffiti devono anche essere posti in relazione con il traffico di droga, le violenze delle gang come anche all’occultismo.

Poiché il fenomeno è comunque prettamente giovanile, la polizia di New York fornisce altresì un decalogo, indirizzato ai genitori, per verificare se il proprio figlio sia un cosiddetto “graffiti vandal”.

Nel documento si dice che i graffiti consistono nel marchiare una proprietà pubblica, privata o un esercizio commerciale allo scopo di creare un “contrassegno”.

Questo contrassegno è solitamente unico per ogni “vandalo”: esempi possono essere le iniziali del writer, il soprannome, o una parola preferita.

Avendo un contrassegno visibile dagli altri il vandalo acquisisce notorietà all’interno della “cultura dei graffiti”.

I soggetti dediti ai graffiti possono essere di giovane età e non è raro vedere graffitari dell’età di 10 anni.

Un ragazzo educato potrebbe anch’esso diventare un “graffitaro”, così come può accadere anche se esso è di famiglia agiata, o particolarmente bravo a scuola, nello sport o in altre attività extrascolastiche, come la musica.

Spesso i genitori convivono con un figlio “writer”, ma non lo sanno: tuttavia ci sono degli indicatori che permettono di scoprirlo.

I genitori dovranno fare attenzione ai soprannomi; è necessario rimanere vigili, qualora il figlio chiami i suoi amici o venga chiamato da essi con un soprannome inusuale.

Un altro indizio rivelatore riguarda i vestiti su cui sono impressi loghi o contrassegni, o la scoperta di materiale scolastico usato come banco di prova nella realizzazione di graffiti.

È necessario prestare attenzione a eventuali residui di colore o di evidenziatore come gocce, segni, o spruzzi di colore sopra i vestiti e altresì a mani macchiate da colore o segni di evidenziatore o di vernice.

Solitamente un graffitaro detiene nella propria stanza il materiale che utilizzerà poi per realizzare le proprie opere: è pertanto utile verificare che non vi siano contrassegni o loghi particolari su muri o sulle porte della camera del ragazzo.

I genitori dovranno inoltre controllare eventuali video, DVD e videogiochi correlati ai graffiti, la videocamera, la fotocamera e il telefonino di proprietà dal ragazzo: molti graffitari, infatti commemorano il loro lavoro con dei video.

È un altro segnale importante il ritrovamento di un’eccessiva quantità di pennarelli ed evidenziatori indelebili e di colori, anche spray, così come di guanti in lattice e di solventi in grado di marchiare i vetri dei treni e le finestre e rendere il graffite permanente.

Altresì è rivelatore dell’attività di graffitaro il possesso di materiali abrasivi, usati per “grattare e levigare” le superfici.

Anche il Web, in tema di graffiti, può costituire una minaccia, a causa della presenza di siti che incoraggiano gli utenti a eseguire le loro “opere”, a fotografarle e a mostrarle nei siti.

I ragazzi possono anche utilizzare il garage come “laboratorio” e magazzino del materiale utile per disegnare sulla strada..

 

Nel sistema penale italiano non esiste un reato specifico dedicato a questo fenomeno.

Tuttavia è possibile constatare come nel codice penale siano presenti due reati che possono modellarsi alle condotte dei graffitari. I reati in questione sono:

1. Danneggiamento (art.635 c.p. - Competenza del Giudice di Pace: primo comma - procedibilità a querela di parte nel caso previsto dal primo comma)

Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 635 codice penale colui che distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la pena della reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 309.

Il secondo comma del predetto articolo stabilisce alcune aggravati del citato reato e prevede, nel caso di condanna dell’imputato, la pena della reclusione da sei mesi a tre anni; la procedibilità per le ipotesi aggravate diviene d’ufficio, qualora il fatto sia commesso:

·         con violenza alla persona o con minaccia;

·         da datori di lavoro in occasione di serrate, o da lavoratori in occasione di sciopero, ovvero in occasione di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 330, 331 e 333(La Corte costituzionale, con la sentenza del 6 luglio 1970, n. 119, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente numero nella parte in cui prevede come circostanza aggravante e come causa di procedibilità d’ufficio il fatto che tale reato sia commesso da lavoratori in occasione di uno sciopero o da datori di lavoro in occasione di serrata);

·         su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto o su cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici, o su altre delle cose indicate nel numero 7 dell’articolo 625 c.p. (Art. 625. Circostanze aggravanti. (omissis) 7) se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza.);

·         sopra opere destinate all’irrigazione;

·         sopra piantati di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi, selve o foreste, ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento;

·         sopra attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive(Numero inserito ex art. 3 bis, decreto legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito in legge il 4 aprile 2007, n. 41 - Violenza connessa a competizioni calcistiche).

Questa ipotesi criminosa, così come per gli articoli 638 e 639 c.p., si differenzia dagli altri reati contro il patrimonio poiché non vi è il passaggio di un valore patrimoniale dalla vittima al soggetto attivo, ma solamente un degrado della situazione patrimoniale del soggetto passivo (Antolisei).

Il bene - interesse giuridico tutelato nella sopra citata fattispecie penale incriminatrice è l’inviolabilità del patrimonio, mobiliare e immobiliare, con particolare riferimento al diritto all’integrità della “cosa” nella sua struttura, o comunque nella sua utilizzabilità.

Più in particolare, secondo la concezione giuridica, il “patrimonio” è il complesso dei diritti soggettivi patrimoniali di cui è titolare un soggetto (persona fisica o persona giuridica).

Il fatto materiale si estrinseca nelle azioni di:

q       distruggere (annientare la cosa nella sua essenza specifica come, ad esempio, frantumare un vetro, abbattere un muro, rompere lo schermo di un televisore),

q       disperdere (far uscire la cosa dalla disponibilità del soggetto passivo, in modo tale che sia difficilmente recuperabile, come, ad esempio, stappare alcune bottiglie di vino spargendone in terra il contenuto, aprire una gabbia di conigli e farli fuggire per i campi),

q       deteriorare (modificare una cosa in modo da ridurne in modo apprezzabile il valore, come, ad esempio, sporcare un quadro di valore, mutilare una statua),

q       rendere inservibile (apportare delle modifiche ad una cosa così che questa non sia più adeguata, in tutto o in parte, anche solamente temporaneamente, all’uso alla quale era preposta).

E’ assolutamente indifferente che la cosa sia mobile o immobile, deve però essere di proprietà o in godimento ad un’altra persona rispetto a colui che è il soggetto attivo del reato.

L’elemento psicologico del reato di cui all’art. 635 c.p., è rappresentato dal dolo generico, che deve essere inteso come la coscienza e la volontà di porre in essere e di realizzare un’aggressione nei confronti di un bene mobile o immobile, ma con la consapevolezza che la cosa appartiene ad altri. In sintesi, si deve rilevare che nel delitto di danneggiamento il dolo non è qualificato dal fine specifico di nuocere, tanto che per la sua esistenza è sufficiente la volontà e la coscienza di danneggiare (Cass. penale, Sez. II, sentenza 13 aprile 2007, n.15102).

Il danneggiamento causato da imprudenza, negligenza o imperizia (il c.d. danneggiamento colposo che spesso si realizza nei parcheggi delle nostre città quando colui che è alla guida di un veicolo, facendo manovra, urta un altro veicolo posteggiato) non è previsto dal nostro ordinamento giuridico, e pertanto tale comportamento non soggiace a pena.

Solamente il caso previsto dal primo comma dell’articolo 635 c.p. prevede la competenza del Giudice di Pace e la procedibilità a querela della persona offesa (il diritto di querela spetta anche al titolare di un diritto di godimento sul bene danneggiato come, ad esempio, il conduttore dell’immobile).

Nel caso di condanna dell’imputato troveranno applicazione le sanzioni previste dall’articolo 52, comma 2, lettera b) del D.Lgs. 274/2000, ovvero l’ammenda da 258 a 2.582 euro o della permanenza domiciliare da 6 a 30 giorni o il lavoro di pubblica utilità da 10 giorni a 3 mesi.

Il danneggiamento è aggravato nei seguenti casi:

Ÿ         Se commesso con violenza alla persona (vedasi artt. 581 e 582 c.p.) o con minaccia (vedasi art.612 c.p.);

Ÿ         Se commesso in occasione della commissione del delitto previsto e punito dall’articolo 331 c.p. (interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità) - le altre due fattispecie indicate nel codice, gli articoli 330 e 332 del codice penale, sono state abrogate;

Ÿ         Se commesso su edifici pubblici o destinati ad uso pubblico o all’esercizio di un culto o su cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici o su altra delle cose indicate nel n.7 dell’articolo 625 c.p.;

Ÿ         Se commesso sopra opere destinate all’irrigazione;

Ÿ         Se commesso sopra piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi, selve, o foreste, ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento;

·           Se commesso su attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive.

In tali casi la procedibilità è d’ufficio e competente a giudicare è il Tribunale monocratico.

La misura precautelare del fermo non è consentita mentre, invece, è consentita la misura precautelare dell’arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381 lett. h) c.p.p.).

 

2. Il deturpamento e l’imbrattamento di cose altrui (art.639 c.p. - Competenza del Giudice di Pace: primo e secondo comma - procedibilità a querela di parte nel caso previsto dal primo comma)

E’ il reato commesso da colui che, fuori dei casi previsti dal delitto di danneggiamento, deturpa o imbratta cose mobili altrui.

La legge 352 del 1997 ha aggiunto un comma a questo articolo, contemplando, quale ipotesi aggravata, il fatto commesso su cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici.

La dottrina ritiene che il significato del termine deturpare sia quello di deformare, rendere brutta o disarmonica la cosa, mentre quello di imbrattare sia di insudiciare o insozzare.

Sostiene la migliore dottrina che la differenza tra questo reato ed il reato di danneggiamento va ricercata nell’effetto dell’azione posta in essere dall’imputato: se il danno arrecato alla vittima è minimo, si avrà l’ipotesi prevista dall’articolo 639 c.p., mentre troverà applicazione il reato di danneggiamento se il danno economico è di una certa entità.

Va segnalato però che la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza n.11756 del giorno 16 novembre 2000, con una decisione che appena pubblicata fece molto scalpore, ha ritenuto che imbrattare i muri di un’abitazione con scritte a vernice sia inquadrabile nella fattispecie criminosa prevista dall’articolo 639 c.p., pur riconoscendo che la ripulitura dei muri dalle scritte aveva richiesto una completa e costosa ritinteggiatura, sostenendo che mancava un’immanenza, almeno relativa, degli effetti dannosi sul bene deteriorato, poiché questo poteva essere ripristinato, senza particolari difficoltà, all’aspetto e al valore originario.

Il reato, sempre di competenza del Giudice di Pace, è punito, nel caso previsto dalla prima ipotesi, con la multa fino a 103 euro.

L’ipotesi aggravata, invece, la cui procedibilità è d’ufficio, in caso di condanna dell’imputato troveranno applicazione le sanzioni previste dall’articolo 52, comma 2, lettera b) del D.Lgs. 274/2000, ovvero l’ammenda da 258 a 2.582 euro o della permanenza domiciliare da 6 a 30 giorni o il lavoro di pubblica utilità da 10 giorni a 3 mesi.

 

La domanda, operativamente parlando è la seguente: se un soggetto imbratta i muri di un’abitazione situata nel perimetro del centro storico della città, quale reato è stato commesso?

La domanda, come è facilmente intuibile non è puramente retorica o cattedratica, perché se si procede per la forma aggravata del danneggiamento occorrerà attenersi alle regole dell’articolo 347 del codice di procedura penale, mentre se si procede per l’articolo 639 c.p. si dovrà, in ogni caso, fare riferimento all’articolo 11 del D.L.vo 274/2000.

La Giurisprudenza sulla questione è stata ondivaga e, quindi, oltre alla sentenza della Cassazione del 16 novembre 2000 di cui sopra, è bene evidenziare quanto, nel tempo, è stato affermato:

1.      L’ipotesi di reato di cui all’articolo 639 c.p., la rilevanza del pregiudizio arrecato alla cosa deve essere tale da provocare nei terzi un notevole senso di ripugnanza e ribrezzo (nel caso esaminato i magistrati avevano ritenuto che tracciare un disegno con alcuni gessi su un monumento ai caduti di proprietà comunale non configura alcun reato, poiché l’eliminazione delle relative raffigurazioni non richiede un intervento di rifacimento sull’intero monumento, potendo, invece, ritenersi sufficiente la cancellatura delle medesime, facilmente realizzabile data la natura del materiale utilizzato) (Tribunale Minorenni Cagliari sentenza del 27.11.2000);

2.      Si deve ritenere consumato il delitto di danneggiamento ogni qual volta che la condotta criminosa arrechi alla cosa una modificazione che, diminuendone in modo apprezzabile il valore o impedendone anche parzialmente l’uso, richieda un intervento ripristinatorio dell’essenza e della funzionalità della cosa stessa; sussiste, invece, il deturpamento o l’imbrattamento di cui all’articolo 639 c.p. nel caso in cui l’alterazione sia temporanea e superficiale per cui, per quanto possa essere costoso il restauro, l’aspetto originario del bene sia facilmente reintegrabile (Cass. Pen. Sez. II sentenza del 10.05.2002 n.22370);

3.      Colui che imbratta o deturpa i muri di un’abitazione con scritte a vernice commette il reato previsto e punito dall’articolo 639 c.p. e non quello dell’articolo 635 c.p., poiché manca un’immanenza, almeno relativa, degli effetti dannosi sul bene deteriorato, sempre che possa comunque ripristinarsi, senza particolari difficoltà, l’aspetto e il valore originario del bene medesimo (Cass. Pen. Sez. II sentenza dell’11.12.2002 n.12973);

4.      Il reato di danneggiamento previsto dall’articolo 635 c.p. si distingue, sotto il profilo del deterioramento, da quello di deturpamento o imbrattamento previsto dall’articolo 639 c.p. perché, mentre il primo produce una modificazione della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o ne impedisce anche parzialmente l’uso, così dando luogo alla necessità di un intervento ripristinatorio dell’essenza e della funzionalità della cosa stessa, il secondo produce solamente un’alterazione temporanea e superficiale della cosa, il cui aspetto originario, qualunque sia la spesa da affrontare, è comunque facilmente reintegrabile (Cass. Pen. Sez. II sentenza del 16.06.2005 n.28793).

Prendendo in considerazione le sentenze appena lette, si evidenzia con chiarezza che la Giurisprudenza, negli ultimi cinque anni, ha indicato che se si tratta, come in effetti avviene per le scritte vergate con vernice spray sul muro di un’immobile, di un’alterazione temporanea e superficiale della cosa, e il suo aspetto possa quindi tornare, indipendentemente dalla spesa che occorrerà affrontare per la riparazione del bene, allo stato precedente al fatto illecito, il reato perpetrato sia inequivocabilmente un “deturpamento o imbrattamento di cose altrui” previsto e punito dall’articolo 639 del codice penale, avendo quindi a mente che il modus operandi per la polizia giudiziaria sarà quello indicato dall’articolo 11 e seguenti del D.Lvo 274/2000.

 

Per cui, nonostante l’assenza di un reato specificamente dedicato, è possibile punire il comportamento di coloro che realizzano graffiti sui muri delle nostre città.

È comunque necessario cominciare a monitorare il fenomeno con attenzione per verificare che esso non sia parte di un meccanismo delinquenziale più vasto (mi riferisco in particolare ai graffiti delle gang, di associazioni criminali o ai graffiti satanici) e pertanto pericoloso per la sicurezza dei cittadini.