È da tempo un dato costante e sempre più crescente la paura del crimine e quindi la percezione di insicurezza da parte dei cittadini.
Gli effetti sono ovviamente negativi: la paura di subire un reato disturba e deforma la routine quotidiana: perciò quando si sente parlare di “percezione dell’insicurezza” non si deve pensare solamente ad una mera costruzione psicologica, del tutto slegata dall’esperienza, bensì ad una vera e propria percezione di un rischio, più o meno imminente.
La percezione della sicurezza è un fenomeno multidimensionale e direttamente influenzato dal rapporto con le politiche pubbliche: se esse sono inadeguate, o ancora peggio, assenti, si acuirà nel cittadino la sensazione di non essere protetto, tutelato: insomma si sentirà a rischio; volendo semplificare al massimo il concetto è sufficiente utilizzare questo paragone: “il rischio che piova diventa una minaccia, se non ho l’ombrello”.
Ma allora, quali politiche pubbliche sulla sicurezza? O meglio: quale ruolo deve avere un’amministrazione comunale in tema di sicurezza?
È sufficiente partire da una constatazione: nel corso degli anni, complice anche una riforma costituzionale, in tema di sicurezza sono cambiati gli interlocutori dei cittadini: oltre al Questore, al Prefetto, alle Forze di Polizia dello Stato in genere, i cittadini attendono risposte dai loro diretti rappresentanti nelle istituzioni locali.
Ne consegue la centralità degli enti locali in tema di sicurezza: ci deve essere il dovere non solo politico, ma anche morale di impegnarsi efficacemente per contrastare il degrado e la delinquenza.
In che modo?
Personalmente mi piace riferirmi al criterio della “tolleranza zero” che fu del sindaco di New York Rudolph Giuliani.
Molto spesso in Italia si è fatto un uso distorto di questa espressione e la si è caratterizzata per bollare Tizio o Caio come sceriffo, reazionario, o peggio.
In realtà le politiche della “tolleranza zero” si basano sull’idea di contrastare con fermezza tutta la criminalità, piccola o grande che sia.
Pensate ad un muro imbrattato dai graffiti, o ad un lampione rotto, o al borseggio sull’autobus: possono sembrare a prima vista infinitamente meno gravi dei reati tipici della criminalità organizzata (come le estorsioni, i rapimenti, gli omicidi).
Ogni piccola trasgressione impunita, invece, o il semplice degrado urbano, come il verde pubblico incolto, trasmettono un segnale negativo, che qualcuno finirà prima o poi per cogliere e utilizzare.
Ogni infrazione non perseguita incoraggia altre infrazioni: ecco, l’inefficacia dell’autorità allarga progressivamente l’area dell’illegalità consentita.
Un’amministrazione comunale, che si voglia impegnare sulla sicurezza, dovrà investire sulla polizia municipale, la quale si deve “scrollare di dosso” l’idea del vigile, che fa solo multe;
Così come non è concepibile che le sanzioni pecuniarie vengano intese nelle politiche dei bilanci delle amministrazioni: non è pensabile scambiare la penalità, o la punizione che dir si voglia, con la fiscalità!
La polizia municipale deve far valere la sua vocazione alla prossimità, al contatto diretto e costante con i cittadini, per realizzare un efficace controllo del territorio, anche attraverso l’utilizzo dell’ intelligence (ossia di operazioni di acquisizione di informazioni, elaborazione dei dati, analisi e successivo intervento) nelle attività preventive e repressive, le quali dovranno essere efficaci e pronte, mai improvvisate.
E' necessario, quindi, combattere il degrado e la criminalità ponendosi contro di essi in termini strategici, perché nel territorio vi siano più legalità, più sicurezza e più benessere.